
di Cristian Arni
Una giornata all’insegna della danza quella del 14 Ottobre a Roma; dopo la doppia conferenza stampa al Teatro dell’Opera per il Don Chisciotte e l’inaugurazione della sala Ballo intitolata a Elisabetta Terabust, abbiamo volato, sulle punte, per approdare all’Istituto Cervantes dove si è tenuto l’incontro stampa con lo sceneggiatore Paul Laverty, palma d’oro e stretto collaboratore del regista britannico Ken Loach, e l’attore cubano Santiago Alfonso, per presentare il film “Yuli – Danza e libertà”, un biopic diretto Iciar Bollain, sulla vita del ballerino cubano Carlos Acosta, sugli schermi il 17 novembre.
Distribuito in venti copie, la pellicola è distribuita in Italia da ExitMedia; già presentato in tour promozionale in giro per la penisola, il film si è già aggiudicato, nel 2018, il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di San Sebastian.
“Yuli” è il soprannome che il padre del grande danzatore cubano diede a Carlos, è una divinità afrocubana, qui interpretato da Santiago Alfonso; figura autoritaria importante nella vita del ballerino, paragonato per grazia e tecnica ai grandi nomi del balletto: Nureyev e Baryshnikov, per citarne solo un paio, impone al ribelle e indisciplinato ragazzino di frequentare la prestigiosa Escuela Nacional Cubana de Ballet alla quale era stato ammesso gratuitamente perché molto dotato.
Lo sfondo sociale cubano è il contesto in cui la storia si svolge, suddivisa nelle tre fasi principali della vita di Acosta: il fanciullo, il giovane studente e l’adulto e affermato ballerino, il tutto inserito in quel contesto politico e periodo storico in cui il paese conobbe le sue fasi più significative: la rivoluzione contro la dittatura, la presidenza di Castro e il successivo embargo statunitense che hanno segnato la vita del paese.
Ne parlano i due ospiti, che raccontano la genesi del film, l’incontro tra lo sceneggiatore e la figura di Carlos Acosta; Laverty risponde alle domande dei presenti in sala, così come Santiago racconta la sua esperienza di vita in un paese in cui, medicinali, cibo e beni di ogni genere erano stati banditi dal paese; Laverty resta affascinato quando vola alla Avana e assiste alle prove di Carlos Acosta e la sua compagnia tanto da convincersi di girare la pellicola che vede un set diviso tra: Cuba, Spagna e Londra.
Santiago e Laverty parlano delle discriminazioni sociali delle persone di colore, della schiavitù degli afrocubani e delle condizioni di vita delle classi considerate inferiori dal potere bianco; non c’è retorica nelle parole di Santiago Alfonso ma vita vissuta sulla propria pelle e non si può prescindere da questo nel raccontare una storia che non è il classico genere biopic, tanto in voga in questi ultimi tempi.
Yuli è qualcosa che varca i confini del genere, in cui inserti video di scene reali vengono inseriti all’interno della storia, quasi un Docufilm in cui la fiction e la documentazioni si fondono magistralmente in un racconto fluido e affascinante.
Da domani 17 Ottobre la pellicola sarà in uscita nelle sale italiane.

