Un volto inciso da Michelangelo

Editor e Copywriter Cristian Arni

Esimendoci per qualche frangente dall’ emergenza sanitaria ritorniamo a parlare di qualcosa che più alleggerisce il nostro animo e il nostro cuore, ad occuparci di bellezza, Arte, Storia con il Dott.Arnaldo Gioacchini che oggi ci parla di quell’Artista che fù Michelangiolo e che in Firenze v’è una curiosità che val la pena leggere. Così il Dott. Gioacchini ci racconta una personale vicenda che però trasale lo spazio/tempo alla scoperta di qualcosa di veramente unico, che ci fa venire in mente il Prof. Zapotec di Topolino, con tutta la grande stima per l’accademico dei fumetti e le sue mirabolanti avventure e naturalmente la giocosità e stima del nostro Dott. Gioacchini che ci fa attraversare le epoche come in un’avventura a strisce fumettistiche, che nulla toglie, semmai aggiunge, alla serietà dell’argomento, per inteso!

 

 

 

 

 

 

di Arnaldo Gioacchini- Redattore Capo di CHPO

Membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale

 

 

 

Un volto inciso da Michelangelo

 

E’  sul  bugnato del Palazzo della Signoria a Firenze

 

 

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Correvano i primi giorni del mese di novembre dell’anno 1965 e chi scrive sostava in Piazza della Signoria a Firenze sull’angolo di via della Ninna ( la strada corta e stretta che divide il Palazzo della Signoria da quello della famosissima Galleria degli Uffizi) adiacente al Piazzale degli Uffizi con di fronte la Loggia della Signoria o Loggia dell’Orcagna (detta anche Loggia dei Lanzi perché ivi si accamparono i Lanzichenecchi che andavano al “sacco” di Roma) avendo come guida un dotto coetaneo e carissimo amico fiorentino di nome Massimo (all’epoca fidanzato con una delle sorelle della persona che poi diverrà mia moglie) che gli illustrava quel luogo splendido (per inciso era il tramonto “l’ora magica dei poeti”) ove, metro più metro meno, avevano in passato sostato tutti i più Grandi Geni non solo del Rinascimento, ma anche di periodi storici antecedenti, una miriade, ma basta citarne due per tutti: Dante Alighieri e Giotto da Bondone ( per inciso morto a Firenze). Era talmente bello e ben espresso ciò che raccontava il mio amico, che intorno a noi due si era formato, silenziosamente, un crocchio di persone affascinate dal suo narrare. Accortosi di ciò Massimo mi strizzò velocissimamente l’occhio destro e con la mano sinistra mi fece un altrettanto rapido cenno come a dire aspetta, procedendo, contestualmente, con grande garbo ed intelligenza a chiudere questo suo colto excursus da improvvisato “cicerone fiorentino”. Scioltosi quel gruppo effimero, Massimo mi prese sottobraccio e salimmo insieme i pochi gradini esterni di accesso alla grande porta del Palazzo della Signoria (detto anche Palazzo Vecchio) ma non entrammo (per inciso,all’epoca, era l’ora di chiusura, cosa che feci subito rimarcare al mio amico) ci spostammo di pochi passi sulla destra dell’ingresso ove mi indicò, inciso ad altezza di cintola, su una delle pietre del bugnato ( lo zoccolo) della facciata un interessantissimo volto di uomo, accompagnando il tutto con un sorriso, simpaticamente sibillino, dicendomi: “Sai Arnaldo questo potrebbe essere opera di Michelangelo che sembra lo abbia inciso schiena alla parete!”. Seguirono non alcuni secondi ma almeno un paio di minuti di reciproco silenzio. Debbo dire che, in quell’occasione, rimasi veramente basito per ciò che Massimo mi aveva detto datosi che mi aveva colpito veramente nel segno lasciandomi semplicemente stupefatto. Con il mio amico condividemmo, un anno dopo, i terribili giorni dell’alluvione di Firenze (anche perché all’epoca io ivi svolgevo il servizio militare e prosegui poi l’impegno da civile); un ricordo indelebile legato pure ad un mix di zuppagine totale e di mastodontiche spalate di fango misto a topi, ma anche di tantissima amicizia e solidarietà fra giovani di tutto il mondo (quegli anonimi “angeli del fango” ormai entrati nella storia della città e non solo). Rammento anche che corsa feci, come fu possibile attraversare l’Arno dopo l’alluvione, per vedere se quel volto, che mi aveva affascinato nel novembre del ‘65 era stato danneggiato, cosa che, per fortuna, non fu visto che l’ondata travolgente di piena ivi non era arrivata alla sua altezza (altrove arrivò anche a sei metri). Caso ha voluto, si fa per dire, vistone la formidabile intelligenza e duttilità mentale, che il mio caro amico dell’epoca ora sia il Professor Massimo Ricci docente alla Facoltà di Architettura di Firenze, responsabile dell’Opera del Duomo di Pienza per i problemi statici del monumento, Consulente di Tecnologia dell’Architettura Antica della Graduate School of Design Harvard University Cambrige in Massachusetts negli Stati Uniti e cofondatore dell’Unità di Ricerca Architettura/BioClima della Facoltà di Architettura di Firenze e sicuramente anche di qualche altra cosa che mi sfugge. C’è poi un vero e proprio evento, che ha dato fama planetaria al Prof. Ricci, il fatto che, dagli anni ’80, ha portato avanti, in grande scala, la ricostruzione della più grande cupola in mattoni mai edificata dall’uomo, quella della basilica di Santa Maria del Fiore, che è il duomo di Firenze, progettata dal formidabile Filippo di Ser Brunellesco (Filippo Brunelleschi). Una cupola piena di segreti sia progettuali che costruttivi che hanno sfidato, per alcuni secoli, tanti grandi ingegni che non sono riusciti a venirne a capo se non che parzialmente, cosa che invece l’architetto Ricci, dopo uno studio certosino e ricerche approfonditissime, è riuscito a fare in toto. Dicevo di questa fama veramente mondiale raggiunta da Massimo che mi raccontò, qualche anno fa, di una persona che gli scrisse addirittura da Anchorage in Alaska! dopo aver letto una sua pubblicazione in proposito. Tornando al profilo “michelangiolesco” desidero citare dallo “Struscio Fiorentino- Passeggiata “lento pede” nel cuore del centro storico della città alla scoperta di curiosità,leggende,aneddoti,credenze popolari della Firenze medioevale e rinascimentale-” (una di quelle pubblicazioni che vanno cercate utilizzando una sorta di pazientissima rabdomanzia culturale) ciò che scrive Franco Ciarleglio a pag.97 e seguente : “….La voce popolare vuole che a scolpire quel ritratto sia stato lo stesso Michelangelo Buonarroti; una scommessa del grande artista che pare abbia realizzato quel profilo scalpellinando con le spalle voltate alla parete, senza poter vedere l’opera in corso. Non si conosce neppure il nome del personaggio raffigurato, forse un passante, forse un condannato a morte mentre veniva condotto al capestro o forse il boia stesso. Ma tra le varie versioni popolari del ritratto,la più divertente è forse quella secondo la quale quel “ritratto” raffigurerebbe un avversario dello stesso Michelangelo, sembra per futili motivi di denaro, probabilmente un suo debitore. Sembra dunque che Michelangelo si trovasse a passare per caso in Piazza della Signoria quando notò quell’uomo sotto la Loggia dei Lanzi; il malcapitato, che di debiti ne doveva avere parecchi, era stato infatti condannato alla gogna e si trovava proprio in quella scomoda posizione, con la testa e le mani poste dentro dei fori ed imprigionate da due solide travi di legno, posto sotto la Loggia dove era usanza far scontare quella pena, sopportando le ingiurie e le angherie del popolino. Michelangelo si avvicinò ad uno dei soldati che erano di guardia e gli chiese per quanto tempo ancora il pover’uomo doveva restare attaccato “ai legni”; alla risposta Michelangelo scosse la testa ed esclamò: “Per troppo poco tempo! Abbisogna che li fiorentini si ricordino più a lungo di costui!” e si mise subito all’opera effigiando il profilo di quel disgraziato affinché il popolo lo ricordasse più a lungo possibile. Effetto pienamente ottenuto in quanto quel ritratto è ancora oggi perfettamente visibile.” Vi è poi un curioso (direi per certi versi simpatico) ma sicuramente molto interessante episodio che mi accadde pochi anni fa quando andavo a visitare, cosa che faccio abitualmente almeno due volte l’anno, la Galleria degli Uffizi (è il più visitato Museo italiano dopo il Parco Archeologico del Colosseo sempre che quest’ultimo lo si voglia considerare un Museo in senso stretto), in particolare per vedere l’evoluzione dei “Nuovi Uffizi” ( Uffizi in generale, che sotto la guida del direttore tedesco prof.  Eike Schimdt – insediatosi ad agosto 2015 -, a parere di chi scrive, hanno spiccato ulteriormente il volo) quando passando vicino all’effige su citata vidi due signore, le quali ferme sul piano stradale, sotto ad essa ne parlavano con grande interesse, con una in particolare (la più anziana) che la spiegava con grande dovizia di particolari. Terminato il loro dialogare si girarono, al che, con la massima educazione, mi presentai e chiesi, in particolare alla persona che dava spiegazioni, come mai era così informata in proposito. La risposta, guarnita da un garbatissimo, sorriso fu: “In un certo senso si tratta di una cosa di famiglia”. Una risposta che “incalzai” subito con un: “Mi scusi ma forse non ho ben capito”. Al che la distinta signora mi citò il suo nome di battesimo ed il suo cognome: Buonarroti! L’occasione era troppo ghiotta per non chiedere ad una discendente diretta dell’immenso Michelangelo se quel volto era stato inciso dal suo illustrissimo e famosissimo antenato e se aveva dei riscontri di scritti storici di tutto ciò considerando che da decenni li andavo vanamente cercando. Purtroppo anche lei mi disse che questo episodio (per certi versi estremamente minore considerando la eccelsa poderosa universalità dell’opera michelangiolesca – ndr) anche nella sua famiglia era stato tramandato, nei secoli, solo oralmente. Però trattandosi di una discendente di quella Famiglia la cosa, ovviamente, risultò, per me, essere una gran bella conferma di ciò che già sapevo. Rimane comunque, a mio modesto avviso, un particolare  punto di domanda che mi ha sempre “assillato”(e mi assilla ancora in egual maniera), dal quel lontano 1965, è se, solo nel dubbio che quel profilo possa essere stato scolpito dal grande universale Maestro Michelangelo, esso debba rimanere così esposto alle ingiurie del tempo e può darsi anche degli umani (fermo restando che il punto dov’è e la cosa stessa rimangono scarsamente noti, tanto e vero che gli stessi turisti, anche i più documentati e dotti, scorrono (quasi tutti) via senza andarlo minimamente a cercare, per fortuna o per disgrazia?). Rimane il dubbio, però!

Author: Cris

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