TEATRO ECONOMICO

 

di ANTONIO SACCA’

 

Il teatro è chiuso, non vi è alcuno nei comodi posti. Il copione era ampio, con molti personaggi e vicende drammatiche ottimamente recitate. Lo spettacolo è stato prolungato. Prolungato e ripetuto sempre con lo stesso interesse anzi maggiore vibrazione degli attori e degli spettatori. Si trattava di personaggi ridotti in condizioni misere o comunque impoveriti, i quali chiedevano soccorso a dei ricconi, a dei benestanti, costoro tenevano duro, non volevano cedere alla generosità, addirittura rimproveravano gli impoveriti rendendoli colpevoli della loro miseria. Se avessero lavorato, investito con profitto, non dissipato non sarebbero in quelle condizioni dolenti. Ma gli impoveriti dichiaravano che era stato un morbo terribile a ridurli come erano. Intervenivano degli Attori i quali consideravano le ragioni degli uni e degli altri, ma specialmente le ragioni dei poveri, così sembrava, al dunque dopo tante recite con qualche variazione si chiudeva il sipario. Accordo, abbracci di tutti gli attori, applauso e commozione del pubblico, che apprezzava la bontà dei ricchi e il bisogno soccorso ai poveri. Il teatro si vuotava. Il pubblico se ne andava. Se ne andavano anche gli attori. In ciascuno la convinzione della fraternità attuata.

Questa la messa in opera della riunione tenuta a Bruxelles nei giorni trascorsi. A prima vista una rappresentazione encomiabile. L’Unione Europea fu la protagonista, nei suoi vari attori, le nazioni, viene in aiuto ai paesi maggiormente colpiti dalla malattia, insomma soccorre le nazioni malate. E tutti, dicevo, applaudono e si applaudono. Passate le euforie, sopravviene la realtà. Siamo con l’acqua al collo, il denaro che viene dato alle nazioni impoverite giungerà tra molti mesi, un soccorritore promette che aiuterà addirittura con un anno di attesa, nel frattempo può darsi che colui che doveva ricevere il soccorso muore o chissà che gli accadrà. Questa è la prima delusione. La seconda delusione: non sempre chi riceve denaro lo sa spendere, ora in questa elargizione vi sono condizioni fondamentali, chi riceve deve progettare in che opera impiegherà il denaro. Il nostro Paese ha il privilegio della incapacità a collocare a buon fine il denaro, a progettarne l’uso. Spesso abbiamo restituito, spesso non attiviamo. Ma vi è una novità. Esistono oggi parti politiche in Italia che hanno scopi netti: economia verde (Green Economy), lavoro fatto da casa (Smart Working), ridurre le emissioni perniciose, curare l’ambiente, digitalizzazione, intelligenza artificiale, robotica… Un cambiamento radicale reso possibile in presenza della malattia pandemica e del soccorso dell’Unione Europea, come si dice: fare del male una opportunità di bene. Certo, vi sono danni messi in luce, ristoranti, bar che ricevevano gli impiegati adesso hanno meno clienti, se da un lato può darsi che si modernizzi, può darsi che si rovinino altre attività; la scuola fatta da casa rende solitari i bambini, li grava sui genitori; non dico della robotica che sostituirà i lavoratori…Sono i rischi del mutamento, si vedrà, si esplorerà, vale anche per l’ambiente, le energie, l’economia verde, vale per il commercio che si svolgerà “online” … Taluni cambiamenti dovuti a tecnologie avanzate risulteranno obbligate, ad esempio il commercio “online”. Il problema è e sarà: quanta, quale occupazione avremo? Folle modernizzare disoccupando irrimediabilmente, e non sarà la carità, non saranno redditi a chi non lavora a sanare il problema. Vi è coscienza degli effetti dei mutamenti? Intanto, la crisi avanza, debito e disoccupazione e cassa integrazione, debito, disoccupazione e cassa integrazione. Se il denaro verrà dato a lungo termine, primi mesi, forse, del 2021, che faremo? Ci sarebbe il famigerato MES, offerto subito, ma il Governo è disunito. Ci sarebbero altre somme disponibili, somme per lavori stanziate e non attivate, ma, appunto, non si attivano. Che fiducia possiamo coltivare per l’uso del denaro futuro se non animiamo quello presente!

Ribadisco quel che scrivo e scriverò. Tutto sbagliato. L’economia non è arte numerica. È vitalità, iniziativa, slancio, entusiasmo, lavoro, fatica per la felicità, orgoglio della Nazione e dell’individuo. Se vengono scoraggiati le collettività ed i singoli, se di ogni attività si fa protagonista lo Stato, si opprime il nerbo dell’economia, l’iniziativa, il capitale investito, lo spirito di impresa che dovrebbe ormai coinvolgere anche i lavoratori (lavoratori che fanno impresa). Più che affidarsi al denaro bisogna affidarsi al popolo che lavora. Aizzare il popolo alla salvezza di sé mediante quel grande, eterno farmaco che è il lavoro. Il denaro per consegnarlo a gente che non lavora è acquistare una corda per impiccarsi. Ma la “filosofia” di questo Governo è questa: fallire, disoccupare, indebitarsi, (s)vendere. Attenti all’Autunno.

Se poi l’Europa ci costringerà a compiere riforme, stare nell’Unione Europea servirà. Ma, sia chiaro, il denaro, per sé, non salva. È come impieghiamo il denaro, a salvarci. E se lo sapessimo fare, l’avremmo già fatto. Ecco il motivo della sfiducia.

Author: Cris

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