introduzione, editing e copy Cristian Arni
E’ sempre il 2/6, ancora Festa della Repubblica Italiana, fine di un periodo difficilissimo e complicato per gli italiani di ieri, come lo è per gli italiani di oggi, con gli opportuni distinguo. Oggi la “narrazione” è un’altra, sono altre, non viviamo più costretti nei confini nazionali, almeno virtualmente e mediaticamente i nostri orizzonti sono…esplosi. Per quanto costretti in casa per quasi tre mesi, abbiamo varcato la nostra dimensione domestica per entrare in una dimensione digitale, la “narrazione” è diventata digitale, cosa poi ci racconti tutta questa “narrativa” bisognerò intendersi, intanto vi lasciamo a questa “narrazione sociale” che certo gradirete, per acutezza e sagacia.
DIARIO DELLA RISORGENZA E DELLA BUROPOLITICA
di Antonio Saccà
Alzandosi e stendendo le braccia in alto sentì dolore al ginocchio, tutte quelle ore seduto avevano fermato la gamba, e fu come se dovesse rimettere in funzione delle parti bloccate. Anche la mano era stanca e la mente confusa, non scorgeva bene la luce della finestra, aveva finito un breve scritto, un altro libro, del tutto nuovo. Leggendolo si scorgeva che il suo pensiero era stato vincolato ad una strada, sempre la stessa, come se non riuscisse a venir fuori da un pensiero ossessivo, che credeva di aver manifestato, ma che ora gli premeva a tal punto che doveva manifestarlo perfettamente: che ormai le società avevano raggiunto una visione spietata verso se stesse, coloro che si salvavano, si salvavano, e coloro che affogavano, che affogassero, nessuno li avrebbe aiutati. Questo gli era baluginato in mente, la spietatezza dei pochi che si salvano, appunto perchè pochi, la salvezza era difficile, e costoro, i salvati, diventavano spietati nei confronti degli altri per impedire che gravassero la zattera. Tale pensiero gli era diventato opprimente, una certezza, nello scritto si mostrava insistente, clamorosa, una valutazione che egli doveva sbandierare all’umanità, per avvisarla di questo cammino del mondo, una direzione inevitabile e crudele ma da combattere forsennatamente. Gli apparivano ossessivamente delle frasi: coloro che guadagnano e profittano lo fanno eliminando lavoratori, attenuando i salari, gli stipendi, le occupazioni, le tutele, quindi coloro che venivano espulsi, falciati dovevano provvedere a se stessi, dovevano proteggere se stessi. Questa visione, chiarissima, nettissima, nello scritto, la riguardava per curarla, era martellata allo stesso chiodo pagina su pagina, ma l’insistenza della ripetizione non gli sembrava monotona, piuttosto preoccupata, angosciata, di chi grida: aiuto, aiuto, aiuto. Aveva aggiunto, e teneva enormemente a quest’altra convinzione, che amputando, lesinando, risparmiando con severità, si fingeva o ci si illudeva di eliminare sperperio e giovare alla società e sarebbero stati eliminati gli sprechi. Ma era un inganno, avrebbero tolto a chi poco aveva considerandolo sciupio. Il soccorso sarebbe considerato sciupio! I miseri sul lastrico, completamente, altri, a migliaia e migliaia, sviliti di stipendi, salari, pensioni, e quanto veniva strappato dato a chi era già ricco per continuare ad esserlo. Eppure la campana avrebbe suonato l’ora della morte per tutti. Coloro che bevevano sangue umano di tanta povera gente non comprendevano, non volevano comprendere, non si curavano di comprendere, sprezzavano di capire che il povero è povero perchè non acquista, ma se i poveri accrescevano, pochi acquistavano e se pochi acquistavano la società crollava. Gli sembrava ben concepita questa conclusione tragica, però la mente gli si oscurava nel buio del futuro. Buio il futuro, nessuna età rassicurata, oggi lavori, domani no, oggi guadagni, domani no, sarebbe avvenuto questo, lo sentiva, invenzioni perpetue che scuotevano il modo di lavorare, e le macchine contro l’uomo, e sull’orlo dell’abisso ogni giorno paura. Ma perchè non dare poco lavoro ma a tutti e molto lavoro alle macchine usandole per il vantaggio di tutti!