di Antonio Saccà
Un albero si è spinto confidenzialmente alla finestra di casa mia, potrei quasi toccarne le foglie che si scuotono minuziosamente come farfalle ad un venticello che sembra non esserci ma esiste. Ha, l’albero, chioma non grande, non fitta ma di un verde vivo fregiato di arance giallo rosa, selvagge, ritengo, che illuminano il fogliame come occhi grossi. Talvolta un vento più consistente muove anche i rami che si stringono e dondolano. Niente di grave, mormorii. Poi, di nuovo spazio tra rami e foglie, e quiete. Non mi ero accorto di questa generosità involontaria della Natura nei miei confronti, ormai stiamo in amicizia, la mattina spalanco le imposte a respirare il fresco dell’aria, e lo vedo, verde, vivo, un ragazzino, e mi sovviene il ricordo della Natura allorché stavo in Sicilia e quanto sia stato contrario alla vita l’aver composto città tutte mura, tutte strade, tutte pareti, mentre basta uscire e correre tra erba, piante, alberi, fiumi, montagne, colline, boschi e torniamo nella Terra come un bambino che tiene la madre per mano. Abbiamo perduto moltissimo staccandoci dalla Natura. In fondo non siamo più uomini. Ma questo ritorno alla Natura è breve, ritorno invece alla Società senza lasciare, né illudermi, però, la Natura. Se continua come nel presente la Società conduce alla morte, tutto storto, tutto malmesso, alterato, esageratamente legalistico, la Società come sistema di vincoli, divieti, regole, tempo a vuoto, la Società contro la Natura, precisamente: contro la Vita. che è sfogo, potenza, rigoglio, volontà di vivere, fiore nel deserto, radice anche nella pietra. Non vi è il minimo senso di bellezza, non il predominio dell’arte, l’arte che è la congiunzione della Natura con la Società, l’arte che mantiene ed esprime le emozioni, ossia la vita, ossia la Natura. Siamo diventati legalisti, cioè morti, la legalità deve liberare la vita, come un legno che sostiene il tralcio, non, all’opposto, intralciare il tralcio. Solo dei cadaveri in piedi possono disputare anni su di una revoca di concessione, persone capaci di interessarsi un anno a tale faccenda sono cadaveri, morti in piedi, non hanno niente di vitale da affermare. L’economia è rilevantissima però è un mezzo, il fine è vivere, e l’arte è il fine ultimo, sommo del vivere. Arte e vita sono la stessa moneta a due facce, l’una cresce l’altra, se non vi è sentire non vi è arte, l’arte a sua volta mantiene vivo il sentire, moltiplica la vita di chi se ne contagia. Udite una musica, guardate un dipinto, leggete una poesia, immergetevi in un romanzo, convivete con i personaggi, entrate in un tempio, visitate un castello, sfiorate una statua, e mare, cielo, prati vento, e corpo, e sensi, e amore… Ed invece la Società dei Morti che camminano, o seduti, morti che paralizzano un Paese su di una concessione, che bloccano i lavori, formulano leggi e leggine “grovigliose”, uccidono la vita, ignorano l’arte. Ombre al vento volatile disperse nella nebbia del Niente. Potremmo vivere di cultura e di arte, di Natura-Cultura, abbiamo il più bel mare del mondo, le più belle statue del mondo, le più belle chiese del mondo, i più bei quadri del mondo, i più bei castelli del mondo… I Morti in piedi, o seduti, sono stati capaci di rovinare il turismo, da Noi, il Paese dove il connubio Arte-Cultura-Natura è perfetto. Ci sottostimiamo, ci adeguiamo a qualsiasi straniero, al fanatico musulmano, al tirannico cinese, ci siamo messi terra terra come un “popolo nessuno”, perfino la Chiesa ha perduto ieraticità, solennità, è una Chiesa con la mano sulla spalla o sottobraccio, “cordialona”, manca di sacralità, del mistero delle domande cruciali: la morte, la santità, Dio, il culto dell’arte. Pensate, se i musulmani un giorno cresceranno, come avviene, poiché negano la raffigurazione di Dio e di personaggi dei Testi Religiosi noi dovremmo distruggere o coprire quasi tutta la nostra arte! Tanto per comprendere la cecità dell’odierna accoglienza. Certo, per coloro che ignorano l’arte tale cancellazione non rileva, non sanno che perdono. I Morti in piedi, o seduti, stanno a discutere un anno per una concessione. Da non credere. E quale è lo scopo? Nazionalizzare, statalizzare l’economia, suscitare il fallimento delle imprese private, e dilagare l’attività dello Stato ossia del Governo ossia dei partiti! E che faranno questi imprenditori statali? Faranno come i Signori del Rinascimento, come i Pontefici del XV, XVI, XVII secolo, come gli Imperatori Romani ossia Arte, Arte, Arte? Da non pensarci. Siamo ormai Società senza Civiltà! Non superiamo lo “stare insieme”. Non vi è uno scopo oltre sociale, la Bellezza, l’Arte, la Vita colma. Il legalismo prevale sulla Civiltà. E l’economicismo che è la malattia dell’economia. Ossia rendere l’economia staccata da fini sopra economici. L’economia è fondamentale se è un mezzo non un fine. Deve servire alla Civiltà ossia alla felicità di vivere e all’Arte. Se è fine a sé stessa diventa morte, si unisce al legalismo, imprigiona l’uomo deviandolo dai meravigliosi fini dell’umanità, lavorare per vivere e per l’Arte.