Eppure a sentirli, coloro che indossano la giuba delle istituzioni culturali, sembra che si stia facendo di tutto di più: “Gli aiuti non si fermeranno” è la rassicurazione del ministro della Cultura Dario Franceschini. “In Italia doveva essere una giornata di festa, una prima ripartenza – dice il ministro -, purtroppo non è così, la grave emergenza sanitaria non ha consentito la riapertura di teatri e cinema già prevista nelle zone gialle essendo tutta Italia in zona rossa o arancione. Ma arriverà la riapertura e fino ad allora continueremo ad aiutare“, noi vorremmo che ci venga riferito da chi riceve questi aiuti di farsi avanti e dirlo apertamente, chi sono e quanto ricevono, cosa ricevono, così da fare un bilancio e vedere quanta disparità esiste tra chi riceve questi aiuti e chi invece non riceve affatto nulla!
Siamo a Milano ed una cinquantina di persone, tra lavoratori del coordinamento spettacolo della Lombardia e studenti, questa mattina ha occupato il cortile del Teatro Grassi .
L’idea è quella di istituire un “parlamento culturale” permanente, un luogo fisico fatto di incontri, assemblee, dibattiti e laboratori” dice un tecnico luci e lavoratore dello spettacolo, tra gli occupanti del teatro Grassi.
Con i teatri chiusi, quella che avrebbe dovuto essere una giornata di festa e celebrazioni si è inevitabilmente trasformata in una giornata di “lutto” e riflessione collettiva sul presente e futuro del teatro in Italia, delle sale cinematografiche e dei luoghi dello spettacolo dal vivo.
E non ha torto l’attore Giancarlo Giannini quando dichiara che “Eppure, tenere aperti i teatri sarebbe possibile, facendolo in sicurezza: gli italiani, durante lo scorso lockdown, si sono comportati benissimo, perché noi siamo bravissimi” e non ha tutti i torti, perchè per esperienza diretta di chi scrive ad inizio anno il Teatro dell’Opera aveva messo in pratica una pratica, ridotta e si frustrante, di condivisione dello spettacolo dal vivo, attuando tutte le misure di sicurezza e contenimento del virus per cui era possibile recarsi a teatro senza che questo incentivasse al virus di diffondersi.
Un altro protagonista della scena nazionale, l’attore Gabriele Lavia dichiara “Queste chiusure delle sale sono tanto lunghe quanto inspiegabili e soprattutto evitabili, visto che i teatri sono fra i luoghi più sicuri, dove si possono rispettare le distanze con grande rigore e prudenza, in piena sicurezza, anche grazie a un pubblico che nasce educato e corretto. Io non credo proprio che il Teatro possa morire. Si possono mettere di buzzo buono, con le regolette e con le leggine, ma il Teatro non muore. E soprattutto, non potrà riuscirci il Covid: il Teatro è eterno“, dichiara senza troppa reticenza, e anche noi gli diamo ragione, memori dell’esperienza fatta al Teatro dell’Opera ad inizio anno.
A Milano i lavoratori dello spettacolo hanno occupato per qualche ora il Piccolo di Milano al grido di “Il teatro vuole ripartire” mentre a Roma, il direttore artistico del Teatro Eliseo, Luca Barbareschi, rivolge un appello al capo del governo Mario Draghi: “Smettiamo di fare nomine artistiche che invece sono nomine politiche e facciamo dello spettacolo e del teatro un dipartimento industriale e competitivo del nostro Paese, con una sua strategia industriale e con il prodotto che deve essere al centro delle operazioni artistiche. Ma oggi ribadisco che il teatro è morto e che non esiste una compagnia nazionale degna di questo nome, i teatri nazionali sono una truffa. Mi verrebbe da dire che per fortuna è arrivato il Covid, che ci ha dato una mazzata e ora ‘darwinianamente’ vediamo cosa vale la pena di far sopravvivere nei prossimi anni“, e dobbiamo dire che non ha tutti i torti, purtroppo.
Anche l’attrice Pamela Villoresi, direttrice artistica del teatro Biondo di Palermo, dichiara: “Io non temo una disaffezione del pubblico dal teatro, dopo questa lunga assenza forzata a causa del Covid. Abbiamo uno zoccolo duro che resiste e che anzi troverà ancora più voglia e desiderio di andare a teatro, quando le sale finalmente potranno riaprire. Ci chiamano in continuazione per chiederci quando riapriremo, in tanti non vedono l’ora“.
Anche il maestro Riccardo Muti, ha dedicato un pensiero in questa particolare giornata, un augurio alla riapertura dei teatri, riferendosi alla necessità di creare orchestre per fare in modo che i giovani diplomati dei nostri conservatori non debbano essere disoccupati. “Dai teatri del Sud“, ha detto il maestro Muti, “si deve e si può ripartire, perché la musica fa miracoli ed è un dono da fare a tutti“.