La Giornata Mondiale del Teatro ai tempi del Covid, anno secondo

 
 
 
 
di Cristian Arni
 
 
 
 
 
Per il secondo anno di seguito i teatri tutti sono chiusi. C’è a chi importa e a chi meno, dipende dagli interessi e dalle possibilità, economiche, sociali e culturali.
 
Oggi 27 marzo è ricorre la Giornata Mondiale del Teatro, ma non c’è molto da festeggiare, ovunque si lamenta una situazione drammatica. Esiste però la consapevolezza di lottare contro qualcosa di ancora ingovernabile, che costringe a tenere ancora chiusi teatri e cinema.
 
E i lavoratori dello spettacolo, artisti e tecnici, sono allo stremo, come del resto sono allo stremo tantissimi altri lavoratori, o meglio ora disoccupati, di tanti altri settori produttivi di questo martoriato paese.
 
Ma la sensibilità degli enti teatrali, dei gestori, dei direttori di teatro questa no, non resta chiusa in questa giornata così particolare per chi vive di teatro. Ovunque le istituzioni teatrali e gli enti teatrali esprimono un’unità di intenti che tiene salda una comunità allo sbando.
 
Esprimendo la propria solidarietà a tutte le lavoratrici e i lavoratori del comparto viene sottolineata la situazione drammatica di molti dei quali si trovano senza reddito o sostegno da ormai un anno, specie le maestranze, che spesso appartengono a situazioni sociali ed economiche “leggermente” rispetto a quelle di molti attori che invece provengono da situazioni più agiate.
 
Ma il teatro non bada a questi separatismo, il teatro unisce tutti: ceti alti, ceti bassi, classi medie e classi elevate, ricchi ed abbienti, meno facoltosi e lavoratori precari. C’è chi sta sul palco, chi lavora dietro le quinte, ci sono loro: gli attori e le attrici e poi i tecnici, chi si occupa di formazione e chi della comunicazione, chi di amministrazione e chi dell’accoglienza, biglietteria ecc
 
Quello del teatro e dello spettacolo in genere è un comparto che insieme produceva il 6% del nostro PIL (prodotto interno lordo) il che non era poco, oggi dato è drasticamente destinato al ribasso, stante la situazione dovuta alla pandemia e alle decisioni di Governo di tenere chiuse tutte le attività, teatri e cinema compresi.
 
Ed oggi i lavoratori dello spettacolo hanno protestato a Milano come a Venezia dove un gruppo di 300 manifestanti ha occupato per un quarto d’ora il Ponte della Libertà ,che collega la terraferma alla centro storico cittadino rallentando il traffico.
 
Nessun incidente, qualche disagio, ma era necessario venissero ribadite le difficoltà in cui si trova il settore, proprio nella giornata al teatro dedicata.
 
Così con il sipario calato, a causa del Covid-19 pare essere ripiombati all’epoca della peste inglese, quell’epoca conosciuta come elisabettiana, quando i teatri restarono chiusi per poi rifiorire proprio durante il regno della regina Elisabetta, grazie ad autori quali Marlowe e Shakespeare su tutti.
 
Così: musica, teatro, cinema e altre forme d’arte dal vivo oggi vivono momentaneamente grazie alle piattaforme digitali, ben vengano, ma lo spettacolo dal vivo, così come il cinema, necessitano di un elemento fondamentale: il calore del pubblico.
 
In molti oggi hanno espresse le loro difficoltà: fonici, sarti, attrici ed attori, cantanti, operatori e tecnici, che hanno acceso torce fumogene, e lanciato slogan d’accusa verso i settori dello Stato che hanno ‘dimenticato’ i lavoratori dello spettacolo, perchè a dispetto di quanto viene detto nelle alte sfere, loro si sentono dimenticati!

Eppure a sentirli, coloro che indossano la giuba delle istituzioni culturali, sembra che si stia facendo di tutto di più:  “Gli aiuti non si fermeranno” è la rassicurazione del ministro della Cultura Dario Franceschini. “In Italia doveva essere una giornata di festa, una prima ripartenza – dice il ministro -, purtroppo non è così, la grave emergenza sanitaria non ha consentito la riapertura di teatri e cinema già prevista nelle zone gialle essendo tutta Italia in zona rossa o arancione. Ma arriverà la riapertura e fino ad allora continueremo ad aiutare“, noi vorremmo che ci venga riferito da chi riceve questi aiuti di farsi avanti e dirlo apertamente, chi sono e quanto ricevono, cosa ricevono, così da fare un bilancio e vedere quanta disparità esiste tra chi riceve questi aiuti e chi invece non riceve affatto nulla!

Siamo a Milano ed una cinquantina di persone, tra lavoratori del coordinamento spettacolo della Lombardia e studenti, questa mattina ha occupato il cortile del Teatro Grassi .

L’idea è quella di istituire un “parlamento culturale” permanente, un luogo fisico fatto di incontri, assemblee, dibattiti e laboratori” dice un tecnico luci e lavoratore dello spettacolo, tra gli occupanti del teatro Grassi.

Con i teatri chiusi, quella che avrebbe dovuto essere una giornata di festa e celebrazioni si è inevitabilmente trasformata in una giornata di “lutto” e riflessione collettiva sul presente e futuro del teatro in Italia, delle sale cinematografiche e dei luoghi dello spettacolo dal vivo.

 

 

E non ha torto l’attore Giancarlo Giannini quando dichiara che “Eppure, tenere aperti i teatri sarebbe possibile, facendolo in sicurezza: gli italiani, durante lo scorso lockdown, si sono comportati benissimo, perché noi siamo bravissimi” e non ha tutti i torti, perchè per esperienza diretta di chi scrive ad inizio anno il Teatro dell’Opera aveva messo in pratica una pratica, ridotta e si frustrante, di condivisione dello spettacolo dal vivo, attuando tutte le misure di sicurezza e contenimento del virus per cui era possibile recarsi a teatro senza che questo incentivasse al virus di diffondersi.

 

 

Un altro protagonista della scena nazionale, l’attore Gabriele Lavia dichiara “Queste chiusure delle sale sono tanto lunghe quanto inspiegabili e soprattutto evitabili, visto che i teatri sono fra i luoghi più sicuri, dove si possono rispettare le distanze con grande rigore e prudenza, in piena sicurezza, anche grazie a un pubblico che nasce educato e corretto. Io non credo proprio che il Teatro possa morire. Si possono mettere di buzzo buono, con le regolette e con le leggine, ma il Teatro non muore. E soprattutto, non potrà riuscirci il Covid: il Teatro è eterno“, dichiara senza troppa reticenza, e anche noi gli diamo ragione, memori dell’esperienza fatta al Teatro dell’Opera ad inizio anno.

A Milano i lavoratori dello spettacolo hanno occupato per qualche ora il Piccolo di Milano al grido di “Il teatro vuole ripartire” mentre a Roma, il direttore artistico del Teatro Eliseo, Luca Barbareschi, rivolge un appello al capo del governo Mario Draghi: “Smettiamo di fare nomine artistiche che invece sono nomine politiche e facciamo dello spettacolo e del teatro un dipartimento industriale e competitivo del nostro Paese, con una sua strategia industriale e con il prodotto che deve essere al centro delle operazioni artistiche. Ma oggi ribadisco che il teatro è morto e che non esiste una compagnia nazionale degna di questo nome, i teatri nazionali sono una truffa. Mi verrebbe da dire che per fortuna è arrivato il Covid, che ci ha dato una mazzata e ora ‘darwinianamente’ vediamo cosa vale la pena di far sopravvivere nei prossimi anni“, e dobbiamo dire che non ha tutti i torti, purtroppo.

 

 

Anche l’attrice Pamela Villoresi, direttrice artistica del teatro Biondo di Palermo, dichiara: “Io non temo una disaffezione del pubblico dal teatro, dopo questa lunga assenza forzata a causa del Covid. Abbiamo uno zoccolo duro che resiste e che anzi troverà ancora più voglia e desiderio di andare a teatro, quando le sale finalmente potranno riaprire. Ci chiamano in continuazione per chiederci quando riapriremo, in tanti non vedono l’ora“.

Anche il maestro Riccardo Muti, ha dedicato un pensiero in questa particolare giornata, un augurio alla riapertura dei teatri, riferendosi alla necessità di creare orchestre per fare in modo che i giovani diplomati dei nostri conservatori non debbano essere disoccupati. “Dai teatri del Sud“, ha detto il maestro Muti, “si deve e si può ripartire, perché la musica fa miracoli ed è un dono da fare a tutti“.

 

 

Secondo quanto dichiara in maniera più veemente, il direttore artistico dello Stabile del Veneto, Giorgio Ferrara  “La Giornata internazionale del teatro sia comunque una festa, anche in una situazione drammatica in cui sembra che ci sia poco da festeggiare. Importante è non farci spaventare dal Covid e pensare senza paura al futuro e alla prossima stagione: si devono fare gli accordi e proporre i titoli, come se ci trovassimo in una stagione normale, pensando e agendo come se il Covid non esistesse“.

Chiudendo la carrellata di dichiarazioni ritroviamo Massimo Piparo, direttore artistico del Sistina di Roma e presidente dell’Atp, l’associazione che riunisce i teatri privati italiani, “Questa crisi ha dimostrato, come una cartina al tornasole, che il sistema dello spettacolo dal vivo non è all’altezza del nostro Paese e della sua dimensione e tradizione artistica e culturale. Finché stai sulla giostra sembra tutto bello e non hai nemmeno il tempo di pensare; quando poi la giostra si ferma, improvvisamente ti accorgi di dove sei, del punto in cui stai. Speriamo che dalla crisi per il Covid si lanci un segnale per cambiare o quanto meno rivisitare il nostro modo di operare. Il sistema-teatro non funziona e non mi riferisco solo alla prosa o al musical ma all’intero spettacolo dal vivo“, ecco, quest’ultimo ci pare la dichiarazione più in linea con il nostro sentire, espresso in modo diverse in apertura di articolo.

In questa giornata dedicata al Teatro noi speriamo che quando si riapriranno sale e teatri, la situazione e l’atteggiamento culturale di operatori, registi, produttori, attori nei confronti del loro mestiere e dei loro colleghi e di quanti vorrebbero fare questa professione, sia radicalmente mutata e certamente meno chiusa, dimostrando un atteggiamento più aperto ed accogliente al nuovo.

 

Così ci congediamo da questo strano giorno con il messaggio, quest’anno affidato ad una straordinaria interprete, Helen Mirren che ha interpretato a nome della comunità mondiale lo spirito e i sentimenti di questo giorno istituito dall’UNESCO nel 1962: “Questo è un momento così difficile per lo spettacolo dal vivo e molti artisti, tecnici, artigiani e artigiane hanno lottato in una professione già piena di insicurezze. Forse questa insicurezza sempre presente li ha resi più capaci di sopravvivere, con intelligenza e coraggio, a questa pandemia. La loro immaginazione si è già tradotta, in queste nuove circostanze, in modi di comunicare creativi, divertenti e toccanti, naturalmente soprattutto grazie a internet. Da quando esistono sul pianeta, gli esseri umani si sono raccontati storie. La bellissima cultura del teatro vivrà finché ci saremo. L’urgenza creativa di scrittori, designer, danzatori, cantanti, attori, musicisti, registi non sarà mai soffocata e nel prossimo futuro rifiorirà con una nuova energia e una nuova comprensione del mondo che noi tutti condividiamo. Non vedo l’ora! “

Author: Cris

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