La Banca nega il diritto sui propri soldi: crisi di liquidità o appropriazione indebita?

Editor e Copy Cristian Arni

Vien fatto di pensare che i tuoi soldi non siano più tuoi nel momento in cui un Istituto di Credito ti nega di avere accesso, di poterli incassare. Va bene il lockdown e vanno bene le regole, quando queste siano utili e intelligenti, non quando depotenziano o penalizzano i cittadini nell’assurdità delle circostanze da commedia alla Ionesco; perchè no, poter fissare un appuntamento per preservare il contenimento della pandemia da Covid-19 è anche una buona idea, ma che per incassare o ritirare i propri soldi richieda quasi due settimane, instilla il germe del dubbio, o quanto meno ti fa riflettere che qualcosa non che non va ci sia. L’idea che non possiamo avere accesso ai nostri soldi quando vogliamo, per necessità, è un atto di una violenza inaudita, una regola che viola il diritto alla sopravvivenza. Allora, senza cadere nella tensione sociale o nella tentazione del “complottismo” fantascientifico, non ci piace vincere facile per carità, crediamo invece si sia creato un gap enorme tra stato di diritto e stato di necessità, una sorta di dimensione parallela in cui siamo totalmente depotenziati di fronte ad ogni mossa di vitalità o protesta per i propri diritti e che, alla fine depotenziato, con la coda tra le gambe si torna in casa, dove ci vogliono rinchiudere volutamente a questo punto, perchè se avessero a cuore la nostra salute nono ci negherebbero di poter andare incontro ai nostri bisogni essenziali per i quali servono i nostri soldi, così una mattina di fine Aprile succede a Roma che…

 

 

 

DIARIO DELLA GRANDE PESTE E DI PICCOLE PESTI

 

di Antonio Saccà

 

Avevo intenzione di prendere qualcosa e mi presento nella Banca proprio davanti a casa mia, subito problemi, la fila all’esterno, e sia, ormai è canonizzata, ma con la divaricazione, una schiera per il Bancomat, una schiera per le casse o sportelli. Non ci sono, non ci dovrebbero essere problemi, sono l’unico a volersi recare agli sportelli. Cerco di entrare ma un bidello, faccio per dire avendo avuto a che fare con bidelli per decenni, mi ostacola. Perché mai? Devo fissare un appuntamento. Chiedo la ragione, voglio ritirare del mio denaro. Mi dice: vada al Bancomat. Gli dico: al Bancomat non posso trarre la cifra che voglio. Mi dice: attenda, Gli dico: attendo. Chiude la porta. Attendo…Attendo…Attendo…Mi spazientì. Suono. Il bidello, l’impiegato, il portiere che sia torna. Mi dice che sta formandomi l’appuntamento. Attenda. Attendo…Attendo…Attendo. Mi rispaziento. Suono. Perviene una donna in maschera, mi richiede che devo fare, dico: voglio ritirare denaro da una vostra filiale e da voi. Mi dice di attendere, mi fisserà un appuntamento. Dico che ho aspettato fin troppo. Dice che la situazione è messa come la sta eseguendo. Dico di fare presto. Dice che farà presto. Rispunta. E mi dichiara solennemente che dovrò tornare tra dodici giorni, ora tale, sigla tale. Dodici giorni per ritirare soldi miei! Sono sbalordito. Ma che follia è piombata sul nostro Paese. Quale orda di fucilieri delle attività, di frenatori a mano, di sonniferai, di treni locali! Dodici giorni per riuscire ad incassare miei assegni!  E non riferisco, riferendole, le movenze della signora che parlava con la mascherina a un metro e mezzo da me, se io mi avvicinavo per udire scansava serpina come a temere infestazione panica. Dal tragico al ridicolo non c’è che un passo, è stato detto. Siamo in regime brontoburocratico. Dei sapientissimi studiosi dei comportamenti, di scuola totalitaria, hanno compreso che se metti  migliaia di regolette  troverai degli appassionati cultori dell’ordine, Homo Burocraticus, il quale toccherà vertiginosi godimenti a metrati, pesarti, soppesarti, dirigerti, ispezionarti, vidimarti, incartarti, bollarti, fermarti,  censurarti, multarti, ammutolirti, intimidirti,  l’impiegatuccio reso forte dai codici burocratici alzerà la testa alle stelle, si farà valere, e tanto più la regola è angariosa lui ne trae piacere. Meraviglioso imporre assurdità! L’Homo Burocraticus è un esecutore nato. Se c’è la legge egli la fa rispettare. In realtà cè qualcuno più nefasto dell’Homo Burocraticus, è l’Homo Politicus Impoliticus, un paralizzatore nato, uccide il dinamismo sciale, diffonde tagliole. L’associazione tra regole alla cicuta concepite dall’Homo Politicus Impoliticus e l’attuazione compiuta dall’Homo Burocraticus è una di una efficacia letale. La stiamo vivendo. No, non sono le cautele che ci infastidiscono sono i ritardi delle decisioni,, le decisioni confuse deliberatamente, le cose dette ma non fatte, le complicazioni, i rimandi, la paralizzazione della società. Nessuno è irresponsabile da rivolere il morbo, ma nessuno è così smorto da non voler vivere. L’arte del rimando è omicida. Stiamo rimandando non le aperture ma i soccorsi!!!! Non fingiamo. Non si critica la cautela della riapertura si critica l’inesistenza dei soccorsi prima della riapertura. Non confondiamo. Oltretutto, che significa riproporre il distanziamento sociale, le mascherine se il Virus è rimasto nonostante le mascherine ed il distanziamento sociale??? Non vi è la minima ricerca di tutele più radicali. E sulle mascherine siamo nell’indeterminazione più confusionaria, a equivoche situazioni. Ribasdisco: occorrevano una grande manovra, garantire sopravvivenza “immediata” per mesi, cercare una difesa più efficace. Il distanziamento sciale non è una difesa radicale. In concreto: quale mente può concepire che un genitore non abbracci un bambino, un uomo non stringa una donna!

 

 

 

 

Sta avvenendo una modificazione del capitalismo e, almeno per l’Italia, una falcidia di piccole imprese può darsi, ma non ne sono certo, a favore delle grandi imprese. Informatica, robotica, intelligenza artificiale accresceranno la loro presenza nel sistema produttivo, un fenomeno che esisteva, si impossesseranno in parte delle scuole, anche la vendita mediante i mezzi di comunicazione aumenterà, forse le automobili, forse biciclette, moto, il ristorante con asporto prevarrà su quello interno, una tavolata con persone distanti un metro e con la mascherina è da spettacolo. Che accadrà a teatri, cinema? Teatri e cinema valgono per quel contatta tra il pubblico, la distanza è come stare da soli. (Inciso: ma a che servono le mascherine se devo anche distanziarmi!). Una disoccupazione enorme e nello stesso tempo una divaricazione tra ricchi e poveri che non ha eguali. O si riduce l’orario di lavoro intaccando il profitto del capitalista in favore degli occupati con meno ore e salario presso che mantenuto, o impresa di lavoratori, lavoratori imprenditori, lavorino quanto possono pur di mantenersi sul mercato e spartiscano il profitto. Un terzo fattore è sburocratizzare. Le grandi opere inutile, ovvio, aggiungerle.

Ormai lo scontro è netto, palese: Buropolitica contro Imprenditorialità.

Ho bevuto vento, mangiato aria, toccato spazi, camminato per continenti, volato tra stelle e pianeti, sono finalmente uscito di casa, sgranchite le gambe e le braccia e il costato della vita, finalmente respiro con tutte e due i polmoni, e mi stiracchio nel pieno della mia altezza. Mi ero raggrinzito, ragnettato, ragnatelato, mi sembrava di contenere nel cervello fichi secchi e una pelosa noce di cocco. Sono disposto a tutti i sacrifici…per vivere, a nessun sacrificio… per morire di sacrifici!

Author: Cris

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