Al Teatro Argentina a Roma fino al 28 Aprile, in scena “Un nemico del popolo” di Henrik Ibsen, traduzione Luigi Squarzina. Prima Nazionale, prodotta dal Teatro di Roma con Massimo Popolizio nella duplice veste di protagonista e regista di questo spettacolo che sembra scritto apposta per questo nostro tempo in cui i temi ambientali e sociali stanno abbracciando tutto il pianeta con un movimento che ha come paladina un’adolescente, guarda caso che proviene sempre del Nord Europa.
Il carattere di questo testo è di un’attualità così incredibile che si fa fatica pensare sia stato scritto quasi un secolo e mezzo fa,era infatti il 1882 quando vide luce per mano dell’autore norvegese che già all’epoca indicava le dinamiche: corruzione – stampa – potere. L’ipocrisia imperante di una piccola comunità, la cui economia si sostiene su un impianto termale le cui acque inquinate sono oggetto di contesa tra due fratelli, la sintesi dei ruoli: il Dott.Tomas Stockmann, un Massimo Popolizio come sempre incredibile, veste i panni di questo eroe suo malgrado, forse più un antierore, come molte delle figure nel teatro ibseniano e suo fratello maggiore, il Sindaco della piccola comunità e presidente dell’impianto termale, Peter Stockmann, interpretato da una mirabile, en travestì al contrario, Maria Paiato, camaleontica ed irriconoscibile nei panni maschili di un cinico e spregiudicato personaggio che duella con il più idealista e retto dott.Tomas Stockmann.
La scena è dominata e pervasa da un motore propulsore che sprigiona energia, il clima monta man mano che la pièce procede; scenografia che ritrae la casa/laboratorio del Dott.Stockmann tutto preso a fare le analisi delle acque fino a quando non scopre…
E’ un testo che non può passare inosservato, una messinscena calibrata senza guardare al “salottiero” che in Ibsen si riversa nelle sue opere più conosciute; i personaggi sono “aguzzini” spietati, come del resto molte volte lo è la vita, bravi gli attori a tratteggiare personaggi che non cadono in uno psicologismo astratto, qui sono tipi, maschere di una società corrotta e corruttibile, ma non il Dott.Stockmann, lui è il più umano tra gli umani, l’uomo che solo sfida tutta una comunità.
Se in “Casa di bambola” era Nora a partire, lasciare la casa, le convenzioni, la famiglia, i figli, una donna eroina ante litteram, in “Un nemico del popolo” è Stockmann ad andarsene, a lasciare casa, laboratorio, famiglia, sicurezza, società, quella società che vorrebbe piegarlo al suo volere, che lo accoglierebbe ma dalla quale lui si stacca inesorabilmente. Ottimo il dialogo con gli intermezzi proiettati sullo schermo sopra la scena commentate da un personaggio alter/ego di Jim, come non pensare a Mark Twain, a quanto accade nel Mediterraneo a quella società che emargina i diversi, perché “Un nemico del popolo” a dispetto di tutto è quasi un manifesto del nostro tempo.
Finale strepitoso che svela la fine della finzione la scena illuminata in profondità da un fascio di luce che mostra gli attrezzi di scena sul fondo, la porta di quinta dalla quale esce Stockmann e la fine del dramma. Applausi, tanti e nella testa tanti riferimenti all’attualità.
[di Cristiano Arni]