di Arnaldo Gioacchini
Sator è solo la prima parola di un misterioso Quadrato ed è il primo vocabolo che si incontra,
scritto (in genere ma non sempre) nella parte alta di esso, andandosi ad incrociare con gli altri
quattro vocaboli così da formare un gran bell’intreccio palindromico (leggibile in entrambi i
sensi): Arepo, Tenet, Opera, Rotas il cui significato globale, dopo secoli di ipotesi, risulta ancora un
misterioso enigma. Si dice anche che sia una iscrizione tutta latina ma non è vero neppure questo
in quanto Arepo non è una parola latina. Andando alle poche certezze vediamo, più ampiamente
possibile, dove è stato ritrovato il superenigmatico Quadrato. Nell’elenco che segue (affatto
esaustivo tutt’altro) balza agli occhi l’importante numero di luoghi di culto ma, nello stesso tempo,
si evidenziano situazioni che con essi non hanno nulla a che fare: Rovine romane di Cirencester
(l’antica Corinium) in Inghilterra, scavi di Ostia Antica, castello di Rochemaure (Rhône-Alpes),
Oppède in Vaucluse, Siena sulla parete del Duomo cittadino, Certosa di Trisulti a Collepardo,
Santiago di Compostela in Spagna, Altofen in Ungheria, Riva San Vitale in Svizzera. A volte le
cinque parole si trovano disposte in forma radiale come a Sermoneta nell’abbazia di Valvisciolo,
oppure in forma circolare come nella Collegiata di Sant’Orso di Aosta. Molte le altre chiese
medioevali italiane ove è presente la frase palindroma in forma di quadrato, radiale o circolare, e
forse non sono tutte: la Pieve di San Giovanni a Campiglia Marittima, la chiesa di San Potito ad
Ascoli Satriano, la chiesa di San Pietro ad Oratorium a Capestrano, la Chiesa di San Michele ad Arcè
a Pescantina, nella chiesa di Sant’ Andrea in Primicilio ad Urbino. Fermo restando, come detto in
precedenza, che i ritrovamenti del Quadrato un po’ ovunque in tutta Europa sono molto più vasti
della lista suddetta gli esemplari più antichi e più celebri sono quelli rinvenuti durante gli scavi
archeologici a Pompei il primo (incompleto) ritrovato, nel 1925, inciso su una colonna della casa di
Paquio Proculo ed il secondo portato alla luce nel novembre del 1936 su una colonna
della Palestra Grande. Quest'ultimo ha avuto grande importanza negli studi storici relativi alla
frase palindroma poiché esso è completo ed arricchito da altri interessanti segni mai ritrovati
altrove con la certezza che fu inciso prima dell'eruzione del 79 d.C. Dopo questo ritrovamento il
Quadrato del Sator viene, a volte, anche definito come “latercolo pompeiano”. Sta di fatto che
comunque con qualsiasi chiave di lettura lo si voglia interpretare (ad es. lineare o bustrofedica –
termine mediato dal greco antico come a dire da sn. a dx e viceversa come si giravano i buoi
nell’aratura) il significato rimane oltremodo misterioso ed, a volte, addirittura contradditorio e
comunque si rimane sempre nell’ambito congetturale che coinvolge, fra l’altro, sia la letteratura
latina,che termini gallici che, addirittura, realtà astronomiche quale la Costellazione del Grande
Carro dando un’interpretazione che tiene conto delle varie “ipotesi” attribuibili ai singoli termini
ma senza mai venire ad una vera e propri risolutiva lettura globale che dica cosa c’è veramente
scritto nel Quadrato. Storicamente vi sono solo due certezze riferibili ad esso: Una è che, finora,
non sono stati ritrovati e non si conoscono esemplari precedenti all'era cristiana; l’altro è che il
comprensorio pompeiano, risalendo nel tempo, addirittura fino al VI° secolo a.C., fu anche
occupato dai Rasenna (gli Etruschi) nella loro massima espansione a sud, mentre a nord
raggiunsero Mantova. Dimenticavo di dire che anche l’ “immenso” Umberto Eco ha titolato, con
grande ineguagliabile umorismo, una sua più che divertente e “sdrammatizzante” pubblicazione:
“Sator arepo eccetera” ( una sorte di straordinario libretto di giochi linguistici uscito nel 2006 per
l’editore Nottetempo nella collana Gransassi) nella quale,fra l’altro, propone addirittura la
scrittura rovesciata di alcuni canti della Commedia (Divina). Una “operazione” molto culturale,
globalmente divertentissima, che poteva riuscire solo ad un bravissimo semiologo (studioso di
segni linguistici – ndr), grande filosofo, immenso scrittore e saggista di fama mondiale quale è stato
il “Magnifico” Alessandrino (nato ad Alessandria e morto a Milano), mai lodato e letto a
sufficienza, come è, fu , e sarà sempre, il Suddetto italianissimo Accademista dei Lincei, Professor
Umberto Eco, del quale, al solo ricordare le sue splendide “lectio magistralis”, a chi scrive, viene
letteralmente la “cute anserina” (la pelle d’oca).