di Cristian Arni
L’agente che immobilizzò George Floyd è fuori, liberato su cauzione.
Stati Uniti – Tutti ricorderete la vicenda dell’afroamericano George Floyd, rimasto vittima di un fermo della polizia nel quale perse la vita.
La raccapricciante scena che lo vide tristemente protagonista del suo arresto, in pieno giorno davanti ai passanti muniti ti smartphones, hanno rimbalzato in ogni parte del pianeta.
Per settimane i giornali, telegiornali, il web, si sono animati con le notizie degli scontri tra tra chi protestava contro i brutali metodi della polizia americana, accusata a più riprese di adottare sistemi particolarmente violenti, talvolta, troppo spesso, specie nei confronti delle persone di colore.
Ebbene, George Floyd da quel momento, cioè da quando Derek Chauvin, lo immobilizzò puntandogli il ginocchio sul collo, facendo forza tale da non consentirgli più di respirare, a tutti suonerà famigliare quel “grido” soffocato con il quale Floyd chiedeva di allentare la pressione nel quale diceva: “I can’t breath“- non posso respirare- è diventato non solo il simbolo delle proteste in Minnesota, Stato dove si accesero i duri scontri di protesta, ma significato stesso di una caccia all’uomo nero che evoca il suprematismo bianco in un’America segnata da profondi divari razziali e sociali.
E se da quell’istante in poi, il #BLM- Black Leaves Matter- le vite dei neri hanno importanza- si è diffuso ovunque come movimento ufficiale contro gli abusi in divisa, in cui sia cittadini afroamericani che bianchi, dotati di buon senso, hanno marciato affianco contro le brutali modalità della polizia americana, è proprio anche grazie alla tremenda notizia che un cittadino americano, di origini africane, dalla pelle scura, perse la vita per mano di un gruppo di poliziotti che lo fermò, apparentemente senza nessun motivo tale da porlo in una condizione di mobilizzazione simile.
Un reato futile, se vogliamo commisurato al trattamento e al caro prezzo pagato da Floyd, con la vita! In quel preciso momento, nonostante avesse maneggiato denaro falsificato, non ci pare il caso proprio, di un trattamento simile da parte della polizia, che sovente si lascia andare la mano a comportamenti repressivi che mettono in pericolo la vita degli afroamericani.
Ecco, la lista sarebbe troppo lunga, se volessimo stilarla con tutti gli episodi che le cronache ci consegnano, più o meno quotidianamente, ma non possiamo citare ogni singolo caso, pur individuandoli proprio nella punta dell’iceberg, che in George Floyd ha trovato la goccia che ha fatto tracimare il vaso.
E allora, da quel 25 Maggio, giorno della morte di Floyd e delle libertà civili e i diritti degli afroamericani, sono trascorsi quattro mesi; e si, perchè quando in una nazione che si dice democratica, in un paese in cui il meltin- pot è da sempre alla base delle suo radici, vige ancora un sistema razziale di chiaro stampo discriminatorio, si può solo dire che i diritti e le libertà civili, sono ancor più messe in discussione.
E quando basta un milione di dollari versati come cauzione per essere rilasciati da un regime carcerario di massima sicurezza, è notizia certa che l’ex Agente Chauvin da ieri mattina è in libertà condizionata, in attesa del processo del prossimo Marzo, allora il dubbio che esista una forma di tutela e parità dei diritti è totalmente assente.
Nessuno sa, al momento, chi ha versata la cauzione che ha ridata la libertà all’Agente di polizia che immobilizzò Floyd, non c’è ancora traccia o possibilità di individuare da dove i soldi provengano, ma è certo che i famigliari di Floyd e le associazioni per i diritti degli afroamericani, non solo non gradiranno la notizia, ma probabilmente, in un clima così caldo, con tutte le polemiche legate ai maltrattamenti della polizia, possano innescarsi nuovamente le proteste, e queste potrebbero infiammare ancora di più il cammino che porterà alle ormai prossime presidenziali, nelle quali il presidente uscente, pare perdere colpi in confronto con il suo avversario.