AIDS: Giornata mondiale per la lotta alla sindrome da immuno deficienza acquisita

di Cristian Arni

 

Il primo di Diembre è la Giornata mondiale per la lotta all’AIDS, voluta inizialmente dall’organizzazione UNAIDS dell’ONU. Solo nel 2019 quasi 2mln di nuovi casi. Facciamo un rapido excursus.

 

 

 

Sono ad oggi, 25mln le vittime da HIV in tutto il mondo, secondo le stime di un rapporto del 2009 fatto da UNAIDS. La sindrome da immunodeficienza acquisita fece la sua comparsa, nella ribalta mediatica, come una malattia che colpiva primariamente gli omosessuali.

Da qui la moralizzazione e il giudizio dei comportamenti considerati peccaminosi, specie dagli ambienti ultrareligiosi e moralisti, questo perchè la primissima volta che si riscontrarono casi di infezione fu all’interno di comunità omosessuali delle grandi città americane, era il 1981 ed ancora non si sapeva molto a riguardo, dove peraltro la concentrazione di comunità ultrareligiose vive in un panorama molto eterogeneo.

Altri dati: 60mln di persone contagiate da allora, solo in Sudafrica 14mln di bambini infetti.

Rock Hudson, il celebre attore hollywoodiano, fu la prima vittima tra le celebrities dello star system che fino a quel momento aveva tenuto il monopolio sulla vita degli attori americani, a maggior ragione quella di Hudson che si diceva repubblicano e per di più intimo amico dell’allora presidente USA, Ronald Reagan.

Nulla doveva o poteva trapelare, la società non era pronta e i costumi non consentivano che ci fossero terremoti tali da scuotere un certo ordine sociale, l’opinione pubblica non era pronta.

Era però arrivato il momento giusto per scuotere un equilibrio che ormai era minato dall’interno e necessitava cambiare assetto. Non si poteva più nascondere la verità, quella dello star system e quella circa le condizioni di salute di Rock Hudson, fino a quel momento attore amato non solo dalle donne.

Parve così impensabile la sua omosessualità, o quanto meno la sua doppia vita di cui sarebbe rimasto vittima.

Da quel momento il divo fu esposto ad una pressione mediatica senza precedenti, la sua immagine era totalmente cambiata, mutata, quasi quel volto non gli appartenesse più, quasi fosse un volto posticcio messo per comodità e necessità delle major cinematografiche.

E non era più il momento di nascondere le sempre più evidenti condizioni di salute dell’attore che erano già compromesse da tempo dal momento in cui la notizia fece il suo esordio sul panorama mondiale.

Non a torto possiamo dire che Rock Hudson fu in qualche modo il negativo dell’ “influencer“, negativo perchè la sua immagine, il suo nome si legarono inesorabilmente, non più alla sua fama di attore hollywoodiano e basta, ma ad una immagine appunta che era il contrapposto della prima, quella dell’attore, del divo famoso, ricco, affascinante e pieno di donne.

Ora Rock Hudson appariva sofferente, smagrito, con i segni della malattia evidenti nei suoi occhi, ma quale era il male che lo aveva colpito, si domandava l’opinione pubblica?

Fino a quel momento il mondo non sapeva nulla dell’HIV, ma fu proprio lui, Rock Hudson, a far conoscere al mondo quella fu poi ribattezzata “la peste del duemila”, a torto chiamata peste perchè la viralità e la sua diffusione, come ormai oggi sappiamo, è dovuta a comportamenti a rischio.

Questa ampia introduzione era per fare una sommaria ricostruzione della prima pandemia globale. Si, proprio così! L’AIDS è stata la prima pandemia a cavalcare l’onda mediatica contemporanea con i mezzi allora a disposizione.

Oggi riguardo all’AIDS sappiamo molto di più rispetto a quando fece il suo esordio su larga scala nei primi anni ’80. Quali sono i comportamenti a rischio, le precauzioni, le cure, la ricerca, rispetto a 35 anni fa siamo più informati e più preparati ma non dobbiamo abbassare la guardia.

La nuova “peste del terzo millennio”, il Covid-19, rischia di catalizzare ulteriormente l’attenzione di noi tutti distogliendola da altri problemi cruciali che affliggono l’umanità.

Anche nel caso dell’AIDS si trattò, come ormai è stato accertato da ricercatori e scienziati, di un salto di specie, il così detto “spill over” dalla scimmia all’uomo, in una zona geografica identificata con la zona subtropicale. Stessa cosa si disse del virus dell’HIV, che potesse provenire da qualche laboratorio, ipotesi smentita in seguito.

I dati relativi, ad oggi, circa la sua diffusione e le vittime accertate ci indicano che nel 2019 risultavano positive al virus dell’AIDS 38mln di persone, una cifra tutt’altro che trascurabile, e come tra le zone di maggiore esposizione oggi risultino e aree geografiche dell’Asia centrale, Europa orientale, il Nord Africa e l’America Latina.

Questo non significa che zone come l’Africa, specie quella centro orientale, siano meno esposte o che non vi siano contagi; i cali minimi degli infetti è dovuto più alla prevenzione che non alle condizioni di vita, che a tutt’oggi sono critiche, specie nelle zone rurali.

Al problema delle condizioni sanitarie critiche e della prevenzione come mezzo di contrasto più efficace si somma il fatto della discriminazione sociale. 

Ancora una volta è risultato che le categorie maggiormente esposte, oggi come ieri, sono le persone che hanno rapporti sessuali non protetti, chi fa uso di droghe iniettabili, i carcerati, le prostitute e i loro clienti e poi ci sono le giovani donne di alcune aree come il Sudafrica.

Ad oggi ancora, nonostante tanti anni di ricerche, non c’è ancora un vaccino che sconfigga il virus dell’HIV. Ancora una volta la prevenzione si dimostra la misura più certa per evitare la trasmissione della malattia.

Insomma, in questo nostro editoriale, abbiamo voluto trattare un argomento che non può essere relegato solo ad una giornata simbolo, ma che questa si amplifichi ben oltre il confinamento in 24 ore.

L’AIDS, se lo conosci lo eviti! Era il leit motiv di una pubblicità di quegli anni in cui del virus si stavano apprendendo i dati, le fonti e si andava delineando il profilo della pandemia.

Author: Cris

2 thoughts on “AIDS: Giornata mondiale per la lotta alla sindrome da immuno deficienza acquisita

  1. Si fa poca ricerca, poca sensibilizzazione soprattutto fra i giovani.
    Il vaccino? Perché si dovrebbe mettere in commercio un vaccino quando ogni persona positiva all’HIV rende alle case farmaceutiche oltre 1000 euro al mese…

    1. Buongiorno, grazie del suo riscontro che purtroppo evidenzia le problematiche lacune in merito; molto è stato fatto negli anni, seppure con una tempistica nono sempre ottimale, e certo ancora molto è da fare. Il problema annoso che lei solleva mette in risalto il perverso sistema/meccanismo che riguarda molti ambiti della nostra società, non solo la ricerca in materia HIV, che si avvale anche, forse, di una forma di sovvenzionamento che proviene da l’indotto farmacologico.

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