di Cristian Arni
Erano trascorse da poco le 17:58 quando Giovanni Brusca, ‘u verru (il porco, mai soprannome fu più indicato) azionò il telecomando che provocò l’esplosione di 1000 kg di tritolo dove restarono uccisi: il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, in quello che fu il primo degli attentati che segnarono un altro periodo cupo della storia italiana per la lotta alla criminalità organizzata.
Altri attentati seguiranno purtroppo, suggellando una stagione tristemente nota come la stagione della trattativa Stato- mafia, nella quale annoveriamo un altro atroce attentato, quello del 19 Luglio in Via d’Amelio, costato la vita del collega ed amico di Giovanni Falcone: il giudice Paolo Borsellino, e gli uomini della sua scorta; i due giudici impegnati nella lotta contro la criminalità organizzata conosciuta come: Cosa Nostra.
Da allora sono trascorsi quasi trent’anni da quel pomeriggio del 23 Maggio 1992, pomeriggio in cui fummo raggiunti da una notizia shoccante, devastante, disorientante, tanto inattesa per portata e violenza, quanto inusitata per oltraggio ai danni dello Stato italiano e dell’opinione pubblica.
Una notizia il cui orrore fu testimoniato da immagini di una crudeltà e barbarie che lasciarono il segno colpendo duramente occhi e cuori di tutti, immagini che arrivarono dalle edizioni straordinarie dei TG che diedero notizia dell’attentato di stampo terroristico.
Era un quieto pomeriggio di Maggio, di un giorno come altri, ed ognuno di noi eravamo occupati nelle nostre attività, chi al lavoro, chi a studiare o chissà cos’altro…ignari di quanto stava per accadere a km di distanza dalle nostre vite, mentre lungo l’A29 che collega l’aeroporto di Punta Raisi alla città di Palermo, località Capaci, si stava per consumare, la prima di una serie di tragedie di proporzioni gigantesche, che colpiranno il paese in quel periodo.
La Fiat Croma bianca guidata dal giudice Falcone, quella marrone degli agenti della scorta che precedono la macchina di Falcone, furono investite in pieno da una carica esplosiva che uccise le vittime sul colpo, mentre una terza vettura, la croma azzurra con altri agenti della scorta restarono, fortunosamente e miracolosamente, feriti.
Questo in estrema sintesi l’accaduto per il quale oggi ricorre questa triste data in cui si commemora la memoria del pool anti- mafia guidato da eroi quali furono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ricordando gli agenti della scorta dei due giudici e di quanti restarono vittima per mano di feroci assassini, senza scrupoli, alcuni dei quali poi, tecnicamente ribattezzati con il termine di “pentiti” o “collaboratori di giustizia“, restano e resteranno per sempre dei feroci ed implacabili, boia.
Da Palermo, la sua città, dove oggi si è recato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, giunge il monito di chi purtroppo ha conosciuto da vicino la violenza della mafia, avendo perso il fratello, Piersanti Mattarella, vittima di Cosa nostra; il presidente Mattarella si è recato a Palermo per commemorare, con le più alte cariche dello Stato, la memoria di quel terribile giorno di 29 anni fa, lanciando, specie ai giovani, un monito di contrasto e lotta alla criminalità organizzata, al malcostume, alle clientele, alla violenza e alle complicità.
Nel ricordo indelebile di chi scrive, fu un inferno di fiamme e fumo, macerie e detriti, lamiere di macchine e cadaveri sull’asfalto di quel tratto di autostrada reso irriconoscibile per la devastazione provocata dalla deflagrazione per mano della mafia che compiva la sua vendetta contro il giudice Giovanni Falcone.
Il 23 Maggio è ormai una data simbolo nella lotta alla criminalità organizzata, una data non solo di ricordo ma di rinnovato impegno per contrastare la malavita. Ogni anno, grazie alla Fondazione Falcone (creata dalla sorella del giudice, Maria) e del Miur, danno luogo alla mobilitazione che coinvolge l’Italia intera attraverso l’iniziativa “Palermo chiama Italia” per ricordare e rinnovare l’impegno per la legalità.
Quest’anno purtroppo non è salpata la Nave della legalità, altra iniziativa che coinvolge centinaia di studenti di tutto il paese, che a causa del Covid rimanda al prossimo anno, si spera, l’attracco della nave al porto di Palermo, da cui oggi sono suonate le sirene per dare avvio alle celebrazioni.
Ricordiamo che tra le forti sostenitrici della Nave della Legalità è sempre stata il dirigente del Miur, Giovanna Boda, alla quale va il nostro augurio di pronta guarigione dopo quanto le è capitato, sperando di poterla rivedere sul ponte della sua nave.
E appunto a causa delle restrizioni imposte all’emergenza Covid anche quest’anno il programma degli eventi connessi alla commemorazione di Giovanni Falcone risentono un po’ dei limiti imposti dalla pandemia, ma non mancano gli appuntamenti per ricordare tutte le vittime.
In questi 29 anni il contrasto alle mafie prosegue il suo percorso, più che mai rinnovato nel suo intento, per non abbassare la guardia al contrastare del fenomeno dell’illegalità e del malaffare; anche se, in maniera proteiforme la criminalità organizzata si rimodula mutando aspetto, modi di agire e protagonisti, l’annuale appuntamento in memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, rafforza l’impegno per proseguire quanto iniziato dai giudici Falcone e Borsellino che con il loro sacrificio hanno smantellato un’organizzazione che agiva a livello nazionale ed internazionale.
In chiusura il nostro sentito ringraziamento a Giovanni Falcone, agli uomini della sua scorta e alla moglie del giudice, Francesca Morvillo, per aver persistito nell’impegno della lotta contro le mafie, senza dimenticare Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta e di quanti hanno persa la vita ad opera della criminalità organizzata.